
Titolo: Strangers in the Night
Autrice: Naike Ror
Serie/Collana: Autoconclusivo
Editore: Independently Published
Genere: Romance contemporaneo, Emotional
Sottogeneri e trope: Second chances, slow burn, hurt/comfort, healing love, retelling, emotional scars
Pagine: 511
Prezzo: 2,99€ (incluso in Kindle Unlimited)
Data di uscita: 17 settembre 2025
Link Amazon: https://www.amazon.it/gp/product/B0FRN9KWD9/
Trama
In una New York che non dorme mai, Kennedy Sloane sopravvive nell’ombra. Ha perso tutto: la famiglia, i sogni, persino il futuro. Di giorno non esiste, di notte indossa una divisa e pulisce i suntuosi pavimenti di un palazzo abitato da ricchi che non la guardano mai negli occhi. È lì che scopre il segreto più grande nascosto tra quelle mura: un attico blindato, dove vive l’artefice della sua rovina.
Strangers era il principe di quel grattacielo: amore, successo, bellezza, aveva tutto. Fino al giorno in cui il mondo gli è crollato addosso. Ora è prigioniero del suo stesso passato, lontano da sguardi che potrebbero ricordargli chi è diventato.
Il destino li costringe a varcare la linea che li separa: lei dovrà affrontare la sua paura, lui la sua rabbia.
Tra silenzi, scontri e confessioni, i due impareranno a riconoscersi nei frammenti di dolore che li uniscono, dando vita a un legame fatto di ombre e promesse, di passi incerti e mani che esitano a stringersi.
In una città che li ha spezzati, Kennedy e il signor Strangers scopriranno che la notte non è solo il tempo dei rimpianti e del silenzio, ma potrà essere anche l’inizio del giorno.
E che solo insieme possono trasformare il buio che li ha avvolti nella prima luce capace di unirli.
Recensione
L’universo era così grande che poteva permettersi di restare neutrale. E noi, così piccoli, potevamo permetterci di perderci per un po’ l’uno nell’altra. Sebbene il cosmo mi avesse fatto sentire minuscolo, lì, con lei, tornai a sentirmi abbastanza.
Incollats Romantics,
oggi vorrei presentarvi un libro che mi ha stupita, sorpresa ed emozionata. Sì, perché ricordavo un’altra penna di Naike Ror: qualcosa di più imperfetto, con qualcosa che mi mancava. Invece, Strangers in the Night (tolto dalla testa l’earworm della canzone di Frank Sinatra, nella versione parodia in genovese che non posso menzionare per rischio di ban) mi è sembrato un libro bellissimo. E se proprio volevo trovarvi un difetto, l’ho scovato in me, in quel moto d’invidia buona. Anche se il mio motto è che Ella lettrice è una persona diversa da Ella scrittrice, mi sono comunque ritrovata a dire: “Porca miseria con la p, perché non riesco a scrivere romanzi così?”. Non vi dico la risposta della mia coscienza, ma prevedeva di darsi al bricolage o di rompere tazzine per incollarle con la tecnica cui ho rubato lo pseudonimo.
«Quel signor Strangers pronunciato a denti stretti maschera un insulto, giusto?»
Perché mi è piaciuto tanto, ve lo dirò dopo avervi raccontato un po’ di cosa parla il libro. Strangers è il cognome del nostro protagonista (ha anche un nome, non è come Coliandro, ma è una scoperta che dovete fare leggendo), poco sopra i trent’anni, ricchissimo artista contemporaneo, e qui inizia il primo applauso all’autrice da Ella vecchia rompipalle, che ha le sue fisse e quando legge di religione, angeli, tuffi e artisti ha forti pretese. Qui siamo nel quarto caso, quello degli artisti, e devo dire che le mie alte aspettative sono state più che superate: ho letto di arte senza morire di noia, entrando in un mondo verosimile, attento e sapiente.
Strangers è distrutto dalle dipendenze, ma il motivo per cui è arrivato a ridursi così male è qualcosa che dovete scoprire leggendo. Lo amerete in tutte le sue sfaccettature, anche quelle più dure, così come in quelle ironiche e autodistruttive.
«Come può pensare che mi piaccia qualcuno che mi obbliga a stare qui, signor Strangers?» «Signor Strangers sta per brutto coglione?»
Kennedy è molto più giovane di Strangers. Vorrebbe frequentare l’università ma è costretta a lavorare come addetta alla raccolta differenziata di un elegante palazzo di Manhattan, quello dove vive lui, e non è un caso. Lavora per pagare la clinica alla madre, in stato catatonico, e per tirare avanti ingoia veleno, mobbing e umiliazioni. È letteralmente passata dalle stelle alle stalle: da capo cheerleader della sua scuola superiore a quasi senzatetto, con relativo fuggi-fuggi di amiche e fidanzatino.
«Signor Strangers sta per ricco stronzo?» «Più o meno.»
Tuttavia, per Strangers e Kennedy non userei il trope age-gap, perché lei è cresciuta troppo in fretta e lui, forse, deve al suo modo immaturo di vedere le cose la situazione autodistruttiva in cui si trova. Si incontrano a metà strada, ma non è facile incastrarsi quando si è rotti, feriti nell’orgoglio e – soprattutto – nemici per forza di cose. O perché si vuole continuare a vedersi così.
«Signor Strangers…» «Signor Strangers sta per isterico stronzo?» «No, era una supplica.»
La narrazione è scandita, per buona parte del libro, dal POV di Kennedy e dal diario che Strangers compila per il suo psichiatra. L’artista è chiuso in casa, con tanto di cavigliera impostagli dal suo amico Henry detto Ragdoll (tutti dovrebbero avere un amico così; la mia è BarbarAzza), per evitare che si faccia del male con droghe o alcol. Si fa portare dei milkshake davvero speciali da Kennedy, perché rientra nelle sue mansioni nel condominio, finché la situazione cambia e il loro rapporto si fa più intenso.
Non mi piace sottovalutare il mio orgoglio, perché è un usuraio.
Con uno slow burn quasi obbligato, i due si avvicineranno: si percepirà la tensione dell’attrazione, ma il rapporto sarà sempre a un passo dall’esplodere e peggiorare, anziché migliorare la situazione. Entrambi devono prima affrontare i loro fantasmi e, soprattutto Strangers, comprendere sé stessi e metabolizzare quanto accaduto.
Il tempo passa e New York diventa un personaggio della storia. Anche qui sembra di camminare per le sue strade, ammirare i graffiti, annusare il profumo dei food truck e ascoltare i rumori della città che non dorme mai.
E comunque, Kennedy e Strangers hanno scambiato la notte per il giorno: lei per lavoro, lui per abitudine.
L’universo era così grande che poteva permettersi di restare neutrale. E noi, così piccoli, potevamo permetterci di perderci per un po’ l’uno nell’altra.
Perché mi è piaciuto così tanto? Perché mi ha portato a riflettere su me stessa, a sentire empatia per i protagonisti (e anche per Henry, da canonizzare… anche se vegano). Mi sono entrati nella testa e sottopelle, regalandomi non solo emozioni ma sentimenti autentici. Era da “Il cuore sbagliato” di Jennifer Hartmann che non percepivo così intensamente i protagonisti, che non mi arrivavano a tal punto. Ho condiviso il freddo con Kennedy e ammirato la sua resilienza; ho accompagnato Strangers nel suo dolore e nella sua rabbia. Li ho amati, odiati, compatiti, e in più di un’occasione mi hanno strappato un sorriso o un sospiro. Non ho pianto: loro non me l’hanno permesso, ma mi hanno insegnato la speranza, anche quando sembrava soffocata dall’orgoglio.
Ma l’ultima parola la si poteva avere con qualcuno con cui dialogavi, mentre io ero intenzionata a renderlo protagonista del suo stesso monologo.
Più di cento capitoli per un’esperienza di lettura rara e appagante, capace di ricordarci che ogni storia – anche la più tormentata – può essere una forma di rinascita per chi la vive e per chi la legge. Insomma, un’esperienza di lettura rara e appagante.
Ho letto diversi libri di Naike e questo, finora, è il mio preferito e, tra quelli letti, il meglio riuscito. Forse è cresciuta; sicuramente è passato del tempo e lei è migliorata, così come sono cambiata io nell’approcciarmi alle letture, perché non sono la stessa di un anno fa. Forse questa lettura era ciò che ci voleva in questo momento, perché a volte le risposte che vorremmo arrivano dalle domande degli altri.


