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Crescent City 3 Bonus Chapter: Ember & Randall

Eccoci qua con un altro capitolo inedito che si può trovare solo in determinate edizioni Americane di Crescent City 3 e che noi abbiamo tradotto per voi!

Questo capitolo vede come protagonisti i genitori di Bryce: Ember & Randall e lo possiamo trovare nell’edizione di Crescent City 3 di BOOK-A-MILLION

EMBER & RANDALL

Ember Quinlan fissò la femmina Fae in piedi sul tappeto rosso decorato davanti a un caminetto scoppiettante. Per un attimo, avrebbe potuto giurare che fiamme argentate fossero anche nei suoi occhi.
Ember fu abbastanza sorpresa da bloccarsi.
Solo un battito di cuore, poi…
Ember si voltò verso il punto in cui prima c’era il portale, dove prima c’ era la neve e il ghiaccio di Nena, i cui fiocchi si stavano ancora sciogliendo sui suoi capelli neri.
Randall fece scattare il fucile togliendo la sicura. Ember non aveva bisogno di guardare suo marito per sapere che aveva mirato alla femmina che li stava osservando con tale immobilità.
Il portale era scomparso. Rimaneva solo la stanza e questo mondo. Una stanza con pareti in pietra rossa, mobili in legno con imbottiture profonde e un’intera parete di libri. Le finestre erano allineate lungo l’altra parete, tutte chiuse per la notte e rivelavano una città scintillante molto più in basso. Non una città moderna, vistosamente luminosa, ma piuttosto una città fatta di edifici bassi e luci dorate. Un accenno di un fiume scintillante percorreva come un serpente nel suo centro.
Bryce l’aveva lasciata. Aveva lasciato entrambi. Aveva gettato dentro li dentro lei e Randall e aveva chiuso il portale.
E ora Bryce era…
La femmina Fae parlò, con voce fredda e piatta, in un linguaggio che Ember non conosceva. Perchè non era un linguaggio di Midgard. Era un linguaggio di un altro posto, un altro mondo…
“Apri il portale” ringhiò Randall nella loro lingua. Ember si voltò e vide suo marito che continuava a puntare il fucile contro il bel viso della femmina. Ma la femmina guardò la finestra sul muro. All’oscurità che si estendeva dall’orizzonte.
Perfino il sangue mortale di Ember sapeva che non era una tempesta. Era qualcosa di molto, molto peggio. La femmina parlò di nuovo, con voce ancora imperturbabile. Lei annuì al fucile, facendo segno con la mano di metterlo giù.
Randall non fece nulla del genere. “Apri quel portale”, ordinò di nuovo. L’oscurità all’orizzonte correva verso di loro. Ad Ember venne la pelle d’oca.
“Abbassa la pistola”, sussurrò Ember a Randall.
“Che cosa?” Randall non abbassò il fucile mentre spostava lo sguardo verso di lei. “Abbassa quella dannata pistola,” sussurrò Ember mentre l’oscurità infuriava più vicina, cancellando le luci della città, le stelle, la luna…
Randall rimise la sicura, ma non ebbe il tempo di abbassarlo prima che l’oscurità esplose dalle finestre.


“Non ne avevi il diritto,” tuonò un maschio Fae dietro una porta chiusa. Ember aveva sentito Nesta chiamarlo Rhysand. Lei e Randall ascoltavano dalla sala di pietra rossa, sorvegliata da un solenne uomo dai capelli scuri con ali di drago.
Ember capì le parole solo perché in quei primi istanti, dopo che la tempesta oscura aveva rotto le finestre ed era entrata nella stanza, lei e Randall erano stati interrogati. Dato che era chiaro che non capivano la lingua, il maschio apparso dal cuore della tempesta stellare aveva dato entrambi un fagiolo d’argento mimando di mangiarlo. Ember l’aveva ingoiato, perché la femmina di nome Nesta dagli occhi grigi aveva detto “Bryce” e aveva mimato di mangiare il fagiolo, poi aveva indicato la sua bocca.
Ember si ricordò che sua figlia aveva menzionato di aver mangiato qualcosa di magico qui che le ha permesso di comprendere e parlare a queste persone nella loro stessa lingua. Quindi Ember la inghiotti e Randall subito dopo.
Erano svenuti e si erano svegliati qui, nel corridoio, proprio mentre le porte dello studio si stavano chiudendo. Ember aveva dato una sbirciatina veloce ai nuovi arrivati giusto in tempo per vedere Nesta chiudersi con Rhysand, una femmina dai capelli corti e un maschio dalle spalle larghe e con ali di drago come il guerriero nella sala accanto a loro.
Ember e Randall non avevano osato parlare. Non un sussurro oltre la rabbiosa discussione che filtrato dal buco della serratura.
«Non ne avevi il diritto», ringhiò di nuovo Rhysand, con la voce che risuonava attraverso la pietra. Il suo potere faceva sembrare il Re dell’Autunno come un bambino in confronto.
“Ne avevo tutto il diritto”, ribatté gelidamente Nesta. “La maschera risponde a me, mi obbedisce.”
“Hai trasferito un’arma mortale proprio nel mondo dove i nemici che la cercano sono accampati da millenni, proprio nelle mani dell’unica persona che potrebbe aprire un portale per il nostro mondo con un semplice pensiero. Cosa stavi pensando?”
Le ultime parole furono un ruggito.
L’altro maschio nella stanza mormorò: “Rhys”.
L’unica risposta fu un ringhio basso e feroce.
L’altra voce femminile, secca e tagliente, disse: “Prima di farla a pezzi, Rhysand, vorrei sentire il motivo della ragazza per aver consegnato la maschera.”
“Non ci sono scuse per questo”, sbottò Rhysand. “E quando Feyre verrà qui…”
“Non rispondo né a mia sorella né a te,” ribatté Nesta. “Io non sono un tuo suddito che punisci come preferisci.”
Ember guardò la loro guardia. Il bel maschio dall’altra parte di Randall, la sua armatura scura ornata di pietre blu, rimase stoico.
“Hai messo a repentaglio questo mondo intero”, gridò Rhysand. “Potresti non rispondere direttamente a me, ma risponderai a tutti i presenti qui per quello che hai fatto.”
“Era disperata”, disse Nesta, e il cuore di Ember si strinse.
“Era disposta a lasciare i suoi genitori come garanzia, per l’amor del cielo.”
“Non me ne frega un cazzo di chi ha lasciato o di cosa ha affermato. Tu le hai consegnato la Maschera “
“Mi ha pregato di tenerli, anche se non le avrei dato la Maschera.” Ember guardò Randall. Puro dolore e dispiacere riempirono gli occhi di suo marito. Bryce li aveva… scambiati. Per quella cosa d’oro scintillante che aveva intravisto passare da Nesta a sua figlia-
E oh dei. Cooper…
Ember strinse l’amuleto che aveva intorno al collo, chiudendo gli occhi e mormorando una preghiera.
Misericordiosa Cthona che dimori laggiù, proteggi nostro figlio, accoglilo nelle tue grazie.
In quelle settimane, per quanto brevi, il ragazzo allampanato e quasi scheletrico che si era presentato alla sua porta con occhi così tormentati e cupi era diventato un figlio. Dalla preoccupazione che ora riempiva gli occhi di Randall, Ember poteva solo immaginare che i suoi pensieri fossero andati nella stessa direzione.
Bryce aveva lasciato Cooper indietro. Li avevo presi, ma aveva lasciato indietro il ragazzo, di nuovo solo e vulnerabile…
La sua vista si fece rossa dalla rabbia. Bryce aveva parlato con Cooper, riso con lui ad Avallen. Si comportava normalmente anche se sapeva che aveva intenzione di farlo, di lasciarlo indietro.
Il bellissimo maschio alato guardò con cautela verso Ember, come se riuscisse a percepire la sua ira.
Nello studio, Nesta diceva: “Se c’è una possibilità di sconfiggere i Daglan… gli Asteri… perché non dare a Bryce il vantaggio di cui ha bisogno?”
“Perché la uccideranno, prenderanno la Maschera e il Corno e apriranno un maledetto portale su questo mondo!” urlò Rhysand. “Avresti dovuto uccidere Bryce nel momento in cui ha aperto il portale,” continuò infuriato. “Il momento in cui è apparsa, avresti dovuto puntare Atarassia alla sua cazzo di gola…”
“Meritava l’onore di essere ascoltata,” sbottò Nesta di rimando
“Dopo tutto quello che abbiamo passato, se lo meritava.”
“Meritava di essere annientata per averci esposto a un tale rischio…una seconda volta!” urlò Rhysand.
“Litigate più tardi,” consigliò l’altra donna. “Dobbiamo confrontarci prima con i genitori.” Ember si irrigidì e Randall fece per cercare un coltello che non era più li. Si erano svegliati e avevano scoperto che il suo fucile e il suo coltello erano scomparsi. Insieme a quello segreto che teneva nello stivale.
Le porte dello studio si spalancarono, sbattendo con talmente tanta forza contro le pareti di pietra che Ember giurò che anche la loro guardia ebbe un sussulto.
“Azriel.” La voce autoritaria di Rhysand rimbombò dall’interno dello studio. “Portali qui.” Azriel: il maschio con cui Bryce aveva viaggiato nelle caverne. Lui ora stava facendo loro cenno di avanzare, la sua faccia era di pietra.
Ogni passo sembrava richiedere troppo tempo quando Ember e Randall, con la guardia al loro fianco, entrarono nello studio.
Era più piccola della stanza in cui erano arrivati. Troppo piccola, considerando tutti i maschi corpulenti che ora la occupavano. Anche Rhysand aveva le ali, come Azriel e l’altro maschio, ma aveva anche le orecchie a punta da Fae.
E l’altra femmina, più bassa… il suo caschetto lungo fino al mento ondeggiava mentre si girava, rivelando occhi argentati che scansionavano ogni dettaglio di Ember, fino al fondo della sua anima.
Rhysand incombeva come una tempesta al centro della stanza. Anche il fuoco sembrava allontanarsi da lui. Nesta era a pochi metri di distanza, con gli occhi grigio-azzurri guardinghi: nessun accenno di quella fiamma argentata. Strinse le mani, ma il suo viso era quasi vacuo. Il bel maschio dalle spalle larghe al suo fianco aveva le labbra strette di preoccupazione o rabbia. O forse entrambi.
Nessuno degli sconosciuti sembrava particolarmente…tranquillo. Gli occhi viola-blu di Rhysand scivolarono su Randall, poi su Ember. Randall si tese, come se potesse saltare tra Ember e qualsiasi minaccia, come aveva fatto molte volte durante la loro vita insieme. Ma Ember si rivolse a Rhysand: “Non preoccuparti di annientare mia figlia”. La furia divampò in lei. “Quando tornerò a Midgard, lo farò io stessa.”

“Sapevi che Bryce stava progettando questo?”
“Non so in quanti altri modi posso dirlo”, ripete Ember a Rhysand cinque minuti dopo. “NO.”
Randall annuì, la mascella stretta: “Ci ha ingannato, ci ha fatto credere che eravamo diretti a Nena per una missione, ma era per scaricarci qui.”
Avevano dovuto togliersi i pesanti cappotti invernali grazie al calore della stanza, ma ora, con la sua lunga maglietta e i jeans, Ember si sentiva un po’ nuda, circondata da guerrieri armati fino ai denti. Solo la femmina bassa indossava abiti normali.
Cioè, se il pregiato abbigliamento di seta potesse essere considerato normale. Se la collana di rubini attorno al collo era una cosa comune.
“E dove sta andando adesso?” chiese Azriel con voce velenosa. “Ora che ha la Maschera” – uno sguardo fulminante verso Nesta, la cui faccia era totalmente inespressiva: “dove sta andando Bryce?”
“Non lo so,” insistette Ember. “Non sapevo nemmeno che volesse la Maschera: non ci ha parlato di questo tesoro. Lei e Hunt devono aver pianificato tutto in segreto.”
Perché era stato il vento tempestoso di Athalar a spingerli qui. E se Ember avesse mai messo le mani sull’Umbra Mortis…
“Eppure hai portato con te una delle tue pistole,” disse Rhysand, il suo accento inciampò nel termine. “Dovevi sapere che stavate andando verso dei guai.”
“Nena… non è un bel posto,” disse Randall. “Saresti un idiota andare lassù disarmato.”
Rhysand tacque, lo sguardo scivolò sulla piccola femmina dai capelli scuri. Sospirò guardando il soffitto e disse: “Sono umani, Rhysand. Possiamo tenerli qui.”
Randall lanciò uno sguardo a Ember, come per avvertirla di stare zitta.
Ma aveva passato tutta la vita a sentire quelle stronzate: non aveva intenzione di
tollerarlo adesso. “Giusto,” mormorò Ember. “Siamo semplicemente patetici, deboli, stupidi umani. Poco più che beni mobili per te.”
Ember avrebbe giurato che Nesta la stesse osservando con curiosità. Ma Rhysand disse tranquillamente: “Se Amren ti ha offeso, non era sua intenzione. Qui abbiamo tutti un profondo rispetto per gli esseri umani.”
Per qualche ragione, Ember gli credette. Amren inclinò la testa in segno di scuse.
“Non vogliamo causare nessun problema,” disse Ember, alzando i palmi delle mani in quello che sperava si traducesse in un gesto di supplica anche in questo mondo. “Non vogliamo nemmeno essere qui.”
“Non mi preoccupa la vostra presenza qui”, disse Rhysand, mentre ogni accenno di quella calda sincerità si stava trasformando in ghiaccio. “Sono preoccupato per tua figlia. Se i nostri antichi nemici mettono le mani su di lei, sulle armi che porta, sulle persone che ama…” Scosse la testa, la luce del fuoco danzava sui suoi capelli blu-neri. “Quanto sarebbe difficile spezzarla? Ha già dimostrato che farà di tutto per salvare i suoi cari.” Indicò Ember e Randall. “Se i Daglan, gli Asteri, come li chiamate voi, catturano
il suo compagno, suo fratello… non ci tradirà per salvarli?”
“Non conosci nostra figlia”, disse Randall con fermezza.
Lo stomaco di Ember, però, si rivoltò al pensiero dei metodi che gli Asteri avrebbero usato per ferire Bryce. Era stato già abbastanza brutto sapere da Fury che Hunt e Ruhn erano nelle segrete degli Asteri, senza alcuna notizia di dove fosse andata Bryce. Ember non dormiva da giorni. Aveva appena mangiato un boccone finché non aveva ricevuto la notizia Bryce era riapparsa e li voleva immediatamente ad Avallen. Rhysand disse con calma a Randall: “Non conosco tua figlia, ma i miei compagni hanno trascorso abbastanza tempo con lei ultimamente per farmi un’idea. Ha un cuore tenero ma spietato. Calcolatrice ma anche impulsiva. Determinata e testarda. E con un tendenza pericolosa verso l’imprudenza.
“È stata così fin da quando era piccola,” disse Ember, massaggiandosi le tempie. “Immaginate tutto questo in una bambina di un anno.”
Randall si schiarì la gola in segno di avvertimento, ma lei avrebbe giurato che la bocca di Rhysand si tirò verso l’alto, come se potesse davvero immaginare una cosa del genere.
Il maschio al fianco di Nesta – il suo compagno, se Ember avesse dovuto fare un’ipotesi – disse con nonchalance, anche se la preoccupazione nei suoi occhi nocciola smentiva il suo tono: “È tardi, Rhys. Lasciali riposare e ci incontreremo di nuovo nel mattino.”
Rhys annuì senza guardare il guerriero e concentrò tutta la sua furia su Nesta.
A suo merito va detto che la femmina stava con la schiena rigida e il mento alto. Imperiosa e inflessibile. Ember non poteva fare a meno di ammirarla.
Gli occhi viola-blu di Rhysand bruciarono di pura oscurità per la sfida nell’espressione di Nesta, per il suo atteggiamento. Un predatore che riconosce un degno avversario e sfodera i suoi artigli. Le sue mani
si chiusero lungo i fianchi, come se si stessero formando artigli invisibili.
Il compagno di Nesta si avvicinò di un centimetro a lei, i suoi occhi guizzarono tra loro due, combattuti. Come se non sapesse con chi schierarsi in caso di lotta. “Sto bene, Cassian,” mormorò Nesta.
Rhysand non distolse gli occhi da Nesta mentre ordinava: “Rapporto nel mio ufficio all’alba. La faremo finita una volta per tutte.”
Uscì dalla stanza, le porte che sbattevano dietro di lui in un vento notturno.
Nel silenzio che seguì, Amen fece un cenno a Nesta. “Trova una stanza per i tuoi… ospiti, ragazza. E prega la Madre che tua sorella fa cambiare idea a Rhysand stasera.” Detto questo, anche loro uscirono furtivi dalla stanza, lasciandosi dietro solo un silenzio pesante e stressante.

“Voi due potete restare qui.” Nesta aprì la porta di un’accogliente camera da letto con vista sulla piccola città sottostante. “Ci sono protezioni in ogni centimetro di questo posto e la Casa è viva, quindi non potete uscire a meno che non siamo noi a permetterlo, ma… è meglio di una prigione.”
Avevano portato Bryce nelle loro prigioni.
Furiosa com’era con sua figlia, un altro tipo di furia si impadronì di Ember al pensiero.
“Grazie,” disse Ember un po’ rigidamente alla femmina. Randall non parlò mentre esaminava ogni uscita e potenziale arma.
“Aspetta,” disse Ember. “Questa casa è viva?”
“In un certo senso,” disse Nesta agitando una mano sottile. “Si rapporta con me. Questa è casa mia.” Sembrava sottile, fragile. Dopo i rimproveri che aveva preso nello studio… “Grazie,” disse piano Ember. “Per esserti esposta per noi.”
Nesta scrollo una spalla e si voltò per andarsene. “Se siete affamati, chiedi semplicemente alla casa ad alta voce e il cibo apparirà.”
“Comodo,” mormorò Randall da dove si trovava vicino finestra.
“Grazie”, disse ancora Ember. “Se ci fosse un modo per tornare indietro, lo faremmo, ma senza Bryce…” Scosse la testa ” Potrei uccidere per questo, sai. Potrei ucciderla per questo.
“Tua figlia vi ama,” disse Nesta con voce roca. “Vi ama abbastanza da mandarvi via per proteggervi.”
“Ci ha usato come merce di scambio,” la corresse Ember.
“No”, disse Nesta. “Voleva la maschera per sconfiggere gli Asteri, ma penso che abbia principalmente aperto il portale per mandarti qui. Lontano dal pericolo.”
“Ha lasciato nostro figlio indietro,” ringhiò Randall con un tono insolitamente minaccioso.
“Sono sicura che ha qualche piano per la sua protezione”, ha detto Nesta. “Tua figlia sembra essere molto… piena di risorse.”
Ember sbuffò. “Non ne hai idea. Prova a Imporle un coprifuoco a quella ragazza.”
L’ombra di un sorriso attraversò il volto di Nesta. “Ci vediamo dopo colazione.” Le sue spalle si curvarono verso l’interno mentre si spostava verso la portaì.
“Sei nei guai?” azzardò Ember. L’incontro di Nesta con Rhysand di prima mattina di certo non sarebbe stato piacevole.
“Non più del solito,” disse Nesta con nonchalance, ma Ember poteva percepire la menzogna.
“Non causeremo davvero alcun problema qui,” disse Ember, “come abbiamo promesso prima. Vogliamo solo tornare a casa a Midgard.”
“Non credo che tornerete a casa, a meno che tua figlia non riesce nel suo compito impossibile.”
Il cuore di Ember si spezzò. Ma disse: “Se qualcuno riesce a trovare un modo per sconfiggere gli Asteri è Bryce.”
Ancora un sorriso accennato ” Penso di essere d’accordo”.
Era confortante, in qualche modo, che questa estraneo di un altro mondo aveva fiducia nella sua figlia selvaggia e ostinata che a volte ci si era rispecchiata, se Ember doveva essere onesta.
“Bryce… si è comportata bene qui?”
“No”, disse Nesta. “Ha provato a far mangiare me e Azriel da un verme gigante.”
Randall tossì, ma non si voltò dalle finestre mentre diceva, “Certo che l’ha fatto.”
Ember si strofinò gli occhi. “Dèi, deve averti fatto impazzire”
“Già.” Il sorriso di Nesta era piccolo, appena gli angoli delle labbra sollevati. Come se non fosse una persona che sorride facilmente o regolarmente. Una guerriera, sì, ma sembrava giovane, nonostante quelle orecchie da Fae. Il modo in cui Bryce, con le sue orecchie a punta, sembrava giovane, anche se i Fae potevano ancora dimostrare venticinque anni quando ne avevano trecento. Gli dei sapevano che il Re dell’Autunno sembrava ancora giovane, sembrava ancora poco più che trentenne quando Bryce aveva…
Sua figlia aveva…
Era stato Ruhn, ricordò a se stessa Ember. Ruhn gli aveva inflitto il colpo mortale.
Ma in qualche modo sembrava comunque che Bryce lo avesse ucciso.
Aveva affrontato il Re dell’Autunno, assumendosi tutto il suo odio e la sua miseria. Ember ancora
non sapevo bene come elaborarlo.
Anche Nesta aveva quello sguardo. Come se stesse elaborando un sacco di cose. E forse era un istinto materno, ma Ember si ritrovò a dire: “Domani, se esci viva dalla tua riunione mattutina… mi piacerebbe sedermi e parlare con te, Nesta”.
Nesta rimase un attimo in silenzio, senza dubbio soppesando la richiesta.
Alla fine la sua bocca si incurvò di nuovo verso l’alto in quel fantasma di sorriso.
“Anche a me piacerebbe.”

“Dovresti dormire, Em.” La voce di Randall rimbombò attraverso il letto. Nonostante l’ambiente chiaramente poco moderno, il letto era abbastanza comodo da competere con qualsiasi materasso di Midgard. Ma non offriva comunque a Ember alcuna possibilità di trovare un riposante oblio.
“Non so nemmeno come fai a provare a dormire,” sibilò, calciando via la pesante coperta. “Siamo in un altro mondo, dannazione.”
“Ecco perché dovremmo riposarci finché possiamo, così avremo le forze e concentrazione domani.
Ember fece un lungo sospiro. “Ti fidi di queste persone?”
Randall rimase in silenzio per un momento, riflettendo sulla cosa in quel suo modo tranquillo, premuroso e spietato. “Mi fido di Bryce che si fida di loro. Non credo che nostra figlia ci avrebbe mandato nelle mani
di brutali assassini, quando la sua intenzione era quella di tenerci al sicuro.”
Ember tirò su col naso. “Ne sei sicuro? Una volta ha minacciato di spingermi nella fornace.”
Randall ridacchiò, girandosi su un fianco appoggiandole una mano sulla testa. Dio mio, anche dopo tutti questi anni, era ancora abbastanza bello da farle arricciare le dita dei piedi. “Ti ricordo però che sei stata te per prima a minacciare di gettare JJ nella fornace se non avesse pulito la sua stanza”
Suo malgrado, Ember rise piano al ricordo. Ma il divertimento svanì quando disse: “La nostra bambina cercherà di affrontare gli Asteri, Randall.”
“Rigelus non saprà cosa lo ha colpito.”
Ember si mise a sedere, fissandolo. Anche lui si mise a sedere, prendendole la mano nella sua, con espressione preoccupata. “So contro cosa deve confrontarsi. Ma so anche se c’è qualcuno a Midgard
che può farlo, è Bryce. E non lo dico come suo padre. Abbi fiducia in lei, Ember.”
Ember annuì, sospirando. “Ce l’ho. Sono solo…”
“Terrorizzata.” Ember annuì di nuovo, con la gola chiusa. “Pensi che Cooper…”
“Sta bene. Il ragazzo è intelligente e capace. E ha Fury Axates e Baxian Argos che se ne prendono cura.”
“Non perdonerò mai Bryce per questo,” Ember trattenne un singhiozzo.
Randall le accarezzò i capelli con una mano amorevole e rassicurante “Onestamente? Spero per gli dei che avremo la possibilità di dire a Bryce quanto siamo incazzati con lei.”
“Lo so.” Le lacrime le bruciarono gli occhi, ed Ember non poté fare a meno di singhiozzare. Un attimo dopo, le braccia di Randall la avvolsero, stringendola forte a sé. Le baciò la tempia. “La rivedremo.” La baciò ancora una volta, facendole scivolare dolcemente la schiena contro di lui. “Lo prometto. Li rivedremo entrambi.”

Ember e Randall si erano appena seduti a fare colazione nella sala da pranzo – guidati lì da un silenzioso Azriel – quando Rhysand atterrò sulla veranda oltre le porte a vetri. Le sue vaste ali erano come nuvole tempestose nella luce del mattino. Un attimo dopo, Cassiano atterrò, Nesta tra le sue braccia. Entrambi con facce impassibili. Arrabbiati.
Rhysand ringhiò qualcosa che fece irrigidire le spalle di Nesta e chinare la testa.
Ed Ember si ritrovò ad alzarsi dalla sedia, dirigendosi verso le porte. Randall provò ad afferrarla, ma era troppo tardi. E Azriel non la fermò mentre Ember spalancava le porte di vetro e chiedeva a Rhysand: “Non è un po’ presto per staccare la testa alla gente?”
Il trio si immobilizzò. Rhysand si voltò lentamente verso Ember. I suoi occhi erano pozzi neri. “Non ricordo di averti chiesto di unirti alla nostra conversazione…”
Ember mantenne il mento alto. “Hai interrotto la mia colazione. Se volevi privacy, saresti dovuto andare da qualche altra parte.”
Era divertimento quello che brillava negli occhi di Cassian? Ember non osava distogliere l’attenzione da Rhysand per confermare. Randall apparve al suo fianco, una mano sulla schiena in segno di avvertimento mentre diceva “Vi lasciamo fare.”
Ma Ember si rifiutò di muoversi, anche se una parte di lei tremava dal terrore, e disse: “Nesta ha scelto di ospitarci… ha fatto una scelta per dare a Midgard una possibilità di libertà. Per dare speranza al mio mondo. Che tipo di persona sei per farla a pezzi per questo?”
“Em”, lo avvertì Randall.
Rhysand incrociò le braccia muscolose. “Mi stai dicendo che sono un mostro, Ember Quinlan?”
“Sto dicendo di darti una calmata” Ember sbottò. Potè giurare di veder Azriel trattenere un sorriso dietro di lei. Ma fece un cenno verso Nesta “Lasciala in pace”.
Rhysand sostenne il suo sguardo. Per un attimo, un’eternità. Le stelle sembravano prendere vita ai suoi occhi. Come se la vastità della notte gli giacesse dentro, dolce e terribile, bello e straziante.
Ma Ember resistette. Aveva visto e affrontato il vero male. Aveva una cicatrice che le segnava per sempre il volto per averlo affrontato.
Qualcosa sembrò ammorbidirsi nello sguardo di Rhysand, come se lo avesse visto. Il suo sguardo scivolò su Randall. “Con una moglie e una figlia come le tue, non so come fai a resistere ancora.”
Randall disse con quel fascino disinvolto: “Onestamente, molti giorni me lo chiedo anche io.”
Rhysand guardò Randall sbattendo le palpebre e poi rise. Per un attimo più tardi, anche Cassian e Azriel ridacchiarono.
Tipici dei maschi. Non importa su quale pianeta si trovassero.
Ember, però, non sorrise. Il suo sguardo si posò su Nesta. Nemmeno la femmina Fae rideva. I suoi occhi grigio-blu rimasero fissi su Ember. Nuotando in un mare di emozioni.
Sorpresa. Gratitudine. Nostalgia.
Ed è stato lo stesso istinto materno che l’aveva guidata la notte scorsa a far sì che Ember tendesse una mano verso Nesta e dicesse
“Vieni. Fai colazione con me.”
Nesta le prese la mano, le sue dita sorprendentemente fredde. Come se il volo fino a quassu le avesse raffreddate. Ember gli diede una stretta.
“Non lasciare che ti maltratti,” consigliò Ember alla femmina.
“Non preoccuparti,” disse Nesta, anche se nei suoi occhi persisteva quello sguardo ferito. “Mia sorella, la compagna di Rhys, gli ha dato esattamente la stessa lezione venti minuti fa.” Ember sibilò: “Così ti ha riportata qui per farti la predica lontano da lei?
Nesta sbuffò. “No. Feyre ha messo fine alla discussione. Non verrò giustiziata. Non oggi, almeno.”
All’espressione inorridita di Ember, Nesta si corresse, “Non mi ucciderebbero. Non credo. Ma… è complicato. Ne dubito che qualcuno mi perdonerà presto.”
Ember fece un cenno verso Cassian. “E il tuo compagno?”
Il dolore nei suoi occhi, il senso di colpa, sembrò aumentare. “Cassian è il più arrabbiato di tutti con me.” Indurì la mascella. Come se stesse trattenendo un’ondata gigante di pura emozione. Solo un muro
d’acciaio lo teneva a bada.
Ember strinse di nuovo la mano di Nesta. “Se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti, qualsiasi cosa hai bisogno che io dica per toglierti parte della colpa…»
Nesta le fece un mezzo sorriso. “Vederti fare il culo a Rhys proprio ora è stato abbastanza” Ember guardò oltre la spalla, dove Randall si trovava con Rhysand, Azriel e Cassian.
Tutti i maschi adesso sorridevano, grazie al cielo. “Sembra che Randall stia facendo un buon lavoro nel conquistarli. Probabilmente dicendo loro quanto gli rendo la vita difficile.”
Nesta sbuffò di nuovo. “Lamentarsi delle compagne: è praticamente uno sport agonistico per loro.”
Ember ridacchiò. “Sembra che Midgard e questo posto abbiano alcune cose in comune, allora.” Inclinò la testa, osservando la bellissima città dall’aspetto antico molto più in basso, il fiume che si snodava
attraverso di esso, e quello che sembrava essere il lontano scintillio del mare. “Ma che posto è questo? E perché siete tutti così attraenti?” Nesta sorrise, passando il braccio attorno a Ember prima di dire, con il tono finalmente caloroso “Benvenuta nella Corte della Notte, Ember. Ti adatterai perfettamente qui.”


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